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Posts Tagged ‘piombo prelievo’

Mezzo milione di anatre muoiono ogni anno in Europa per inquinamento da piombo. Il piombo dei pallini da caccia, sparati nei nostri campi e nelle nostre paludi.

I cacciatori amano talmente la natura che le lasciano anche le cartucce...

Le cartucce raccolte dal WWF Rimini alla fine dell'ultima stagione venatoria

Mentre anche la Camera dei Deputati si accinge, dopo le elezioni regionali, ad esaminare la proposta di dilatare i tempi della stagione venatoria, è utile dare un’occhiata a questo effetto collaterale della caccia.

Il piombo, pur disciogliendosi poco nell’ambiente, è capace di determinare gravissime intossicazioni in molte specie di uccelli. Molte specie infatti, per agevolare la triturazione del cibo ingoiano sassolini che rimangono poi nel loro stomaco. Nelle zone con alta densità di pallini di piombo, questi vengono ingoiati. Una volta nel loro stomaco, vengono erosi dai succhi gastrici. Il piombo passa nel sangue in gran quantità determinando gravissimi effetti tossici: basta la presenza di 10 pallini nello stomaco per portare un uccello acquatico a morte in pochi giorni per intossicazione acuta.

Numeri inferiori di pallini determinano un’intossicazione cronica che può portare ugualmente, anche se più lentamente (2-3 settimane), a morte oppure può debilitare l’animale rendendolo incapace di procacciarsi il cibo e di difendersi dai predatori.

E’ stato calcolato che ogni anno più di 18.000 tonnellate di piombo sotto forma di pallini da caccia vengono disseminate sul terreno in Europa. Di queste, oltre 4.000 sono le tonnellate di piombo sparate nelle zone umide. 

Le specie maggiormente interessate dai danni dell’inquinamento da piombo sono anatre e oche. Il fenomeno del saturnismo è stato però riscontrato anche in molte altre specie fra cui i rapaci, in cima alla catena alimentare, i limicoli e i fenicotteri (come scrive anche la Forestale).

Alcuni studi hanno evidenziato come in media in Europa dal 6 al 20% delle anatre (a seconda della specie) risultano portatrici di pallini nello stomaco, con una mortalità pari a percentuali comprese (a seconda degli studiosi) dal 2 al 5 % della popolazione autunnale, superiore al mezzo milione di anatre all’anno. Nei soli Stati Uniti è stato calcolato che, prima della proibizione totale dell’uso del piombo nell’attività venatoria, morivano di avvelenamento da piombo da 1 a 3,5 milioni di anatre all’anno.

Di fronte all’evidenziarsi sempre più chiaro dell’entità del problema, nell’ultimo decennio numerosi Paesi hanno preso provvedimenti contro l’uso del piombo nella caccia, vietandone totalmente l’utilizzo (Canada, Danimarca, Stati Uniti, Svizzera), o limitandone l’uso (Malesia, Russia, Gran Bretagna, Ghana). La tecnologia raggiunta ha consentito di mettere sul mercato, a prezzi competitivi, cartucce a carica alternativa (in particolare di acciaio). 

Una convenzione sottoscritta all’Aia nel 1996 prevede il “divieto di uso dei pallini da caccia al piombo nelle zone umide a partire dal 2000” ma purtroppo è entrata in vigore in Italia solo nel 2006 e riguarda esclusivamente le aree umide inserite nelle Zps (Zone di protezione speciale).

Tuttavia è sufficiente esaminare le cartucce lasciate sul terreno dai nostri “difensori della natura” (come amano definirsi) per rendersi conto che da noi anche questo divieto è pochissimo rispettato. Infatti, da molti dei commenti inseriti nel nostro blog si capisce che per i cacciatori nostrani l’inquinamento da piombo è solo una bufala, l’ennesima, montata dagli ambientalisti.

Per maggiori info leggi il dossier realizzato dal WWF Toscana nel 2006 >

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Fabrizio Bulgarini, Responsabile Biodiversità WWF Italia

Fabrizio Bulgarini, Responsabile Biodiversità WWF Italia

L’impatto dell’attività venatoria sulla fauna deve essere suddiviso in due componenti:  l’impatto della caccia legale, quello della caccia illegale o “bracconaggio”. Oggi in Italia circa 700.000 cacciatori ancora esercitano questa attività con regolare licenza.

Lo scarso controllo sul territorio non permette di valutare l’esatto impatto in termini di individui uccisi, tuttavia è già paradossale osservare che la Legge n. 157/92 sul prelievo venatorio ed i calendari venatori regionali, fissano un prelievo autorizzato in un numero di esemplari ben più elevato della fauna presente sul nostro territorio nazionale!

Infatti, se si moltiplica il numero dei cacciatori per i carnieri e per il numero di giorni di caccia nelle varie regioni, si raggiunge l’incredibile cifra di oltre un miliardo e mezzo di capi appartenenti alla fauna selvatica potenzialmente e teoricamente abbattibili legalmente

C’è chi afferma  (in genere si tratta solo di rappresentanti del mondo venatorio) che l’attività venatoria può sottrarre una determinata percentuale di individui da una popolazione di animali senza creare conseguenze alla popolazione stessa, qualora la percentuale degli individui catturati sia più bassa della percentuale di mortalità media annua.

Tale concetto è profondamente errato perché considera le specie animali al pari di oggetti il cui numero può essere incrementato o diminuito a piacimento, senza tenere presente i complessi rapporti ecologici che qualsiasi essere vivente ha con le altre specie e con l’ambiente circostante.

Altro problema  è che la legge sulla caccia permette di effettuare un prelievo venatorio su una popolazione di uccelli migratori di sui si ignorano spesso le aree riproduttive e di svernamento. Solo conoscendo questo dato si possono determinare gli indici di mortalità e controllare direttamente l’impatto del prelievo.

A tutto ciò si aggiunge che, essendo l’Italia un vero e proprio ponte attraverso il Mediterraneo, confluiscono nel nostro Paese popolazioni di uccelli provenienti da un’amplissima area riproduttiva che va dall’Europa centrale alla Siberia.

Un altro impatto considerevole è l’enorme quantità di piombo, tossico,  immessa nell’ambiente. In linea teorica, se ogni cacciatore spara solo 50 cartucce all’anno abbiamo una dispersione nell’ambiente di circa 1.000 tonnellate di piombo. I circa 50 milioni di cartucce messe in fila formerebbero un cordone di 2.800 km!

Fabrizio Bulgarini
Responsabile Biodiversità
WWF Italia

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